Ittiturismo e pescaturismo:
economia blu sostenibile
Il turismo legato al mondo della pesca possiede un potenziale – ancora largamente non riconosciuto – che può apportare notevoli vantaggi alle comunità delle zone costiere diversificando le fonti di reddito locale: pescaturismo (in mare) e ittiturismo (a riva) possono inoltre giocare un ruolo fondamentale per la tutela dell’ambiente e degli ecosistemi.
Per questi motivi SIMTUR partecipa a progetti di valorizzazione, europei e regionali, con un modello strategico che – oltre a promuovere le destinazioni costiere oltre il segmento balneare – è in grado di generare filiere di servizi “a emozione aggiunta“.
Un’economia blu sostenibile per lo sviluppo delle aree costiere (oltre il segmento balneare)
Vivere esperienze a bordo di un peschereccio rappresenta da tempo un’opportunità di valorizzazione delle aree costiere molto oltre il segmento balneare, integrando vantaggi economici per il mondo della pesca e benefici di natura ambientale per gli ecosistemi, oltre a consentire una reale connessione con le identità locali e con le comunità residenti.
Pescaturismo e ittiturismo: a che punto siamo?
- secondo uno studio condotto dal Gruppo di azione costiera (GAC) “Il mare delle Alpi” sulle abitudini e le opinioni dei consumatori, è emerso che un terzo degli intervistati consuma pesce più volte a settimana e solo quattro prodotti alimentari della pesca, di cui due di acqua dolce e gli altri marini: le attività di pesca legate al turismo generano maggiore consapevolezza sulla varietà di specie e sulle tradizioni gastronomiche, che spesso sono ignorate dal grande pubblico di consumatori;
- in Italia si è registrato un costante aumento delle richieste di autorizzazioni per lo svolgimento di attività turistiche legate alla pesca: secondo un’indagine condotta recentemente, le regioni italiane con il maggior numero di autorizzazioni sono la Liguria (290), l’Emilia-Romagna (229), la Sardegna (218), la Calabria (203), la Campania (200) e la Sicilia (136); che, in totale, le autorizzazioni registrate dal 2002 al 2012 ammontano a 1600; che nel 2003 le regioni con il maggior numero di autorizzazioni erano la Campania (63), la Liguria (62), la Sicilia (60) e la Sardegna (59), seguite a breve distanza dalla Puglia (46), dalla Calabria (39) e dalla Toscana (37);
- un terzo della flotta autorizzata a svolgere attività turistiche legate alla pesca non può imbarcare più di quattro passeggeri, il 29 % ha la possibilità di ospitare a bordo un numero compreso tra 5 e 8 passeggeri e il restante 37 % può imbarcare a bordo tra i 9 e i 12 turisti1;
- la maggioranza delle presenze turistiche si concentra nei mesi di luglio e agosto, ragion per cui il turismo legato al settore della pesca presenta un carattere stagionale assai mercato ed è importante promuovere la diversificazione;
- per quanto riguarda il livello di istruzione si registra un livello di scolarizzazione più alto tra gli operatori che effettuano attività di pescaturismo rispetto a quanto avviene tra chi pratica la sola pesca professionale; che più del 30 % dei capobarca è diplomato o in possesso di una qualifica professionale e ha una conoscenza almeno elementare dell’inglese (64 %), del francese (34 %), dello spagnolo (16 %) o del tedesco (7 %)[7];
- un sondaggio che ha visto coinvolti gli operatori che effettuano attività di pescaturismo ha visto emergere che tali attività possono giovare agli sforzi volti a conservare gli stock ittici e gli ecosistemi marini, in particolare tramite una riduzione delle catture, nonché – sul piano sociale – al benessere psicofisico dei pescatori e delle loro famiglie in virtù della diminuzione delle ore di lavoro in mare;
- recentemente si è registrato un maggiore coinvolgimento delle donne, non solo nelle attività collaterali a quelle dei pescatori, ma anche nello sviluppo di attività proprie nel settore del turismo legato alla pesca;
- aiuta a considerare i giovani un gruppo target per lo sviluppo di destinazioni turistiche della pesca;
- esiste un ampio margine per l’introduzione di attività educative e pedagogiche relative alla pesca tradizionale, sulla base di modelli come nell’universo rurale sono le “fattorie didattiche”;
- nello sviluppo delle attività di pesca legate al turismo risultano fondamentali i partenariati, in cui gli attori del settore della pesca e gli altri soggetti pubblici e privati locali progettano e attuano insieme una strategia bottom-up che si adatti e risponda alle esigenze economiche, sociali e ambientali della zona interessata;
- l’offerta turistica di una località che sia anche zona di pesca può evolvere per includere un intero pacchetto di attività, e quindi può rimanere attraente anche in segmenti di turismo altamente competitivi; in questo modo, il turismo può diventare un’importante fonte di reddito supplementare per le comunità che svolgono attività di pesca, contribuendo allo sviluppo complessivo delle zone costiere e insulari;
- nelle destinazioni che hanno adottato modelli di valutazione di impatto delle attività turistiche legate alla pesca, si sono misurati considerevoli aumenti del numero di visitatori e anche della permanenza media.
filiera corta dell’accoglienza
Creazione di agenzie specializzate per la promozione di destinazioni costiere e lo sviluppo di attività turistiche integrate che, partendo dal settore dell’industria tradizionale della pesca, realizzino sistemi di accoglienza, ospitalità ed esperienza
festival del mare
Organizzazione di eventi e iniziative di promozione delle destinazioni turistiche con attività ricreative e di spettacolo con corsi di cucina a bordo delle imbarcazioni utilizzate dai pescatori locali, tour per l’osservazione delle specie ittiche, ecc.
attività educative
Visite guidate ed esperienze create appositamente per i bambini, dove possono imparare nozioni di biologia marina, informazioni sulle pratiche di pesca tradizionale (attrezzi e tecniche di pesca tradizionali) e, più in generale, sulla cultura del luogo.