Turismo fluviale: bella scoperta! Ma siamo pronti?
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27 Aprile 2022
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Era il 2019 quando SIMTUR, in collaborazione con numerose altre associazioni, dava vita al progetto “Rotte blu come Vie verdi“, disegnando nuove traiettorie di viaggio lungo i fiumi e le loro sponde, suggerendo che il turismo fluviale potesse essere inserito a pieno titolo tra le forme di ecoturismo – come l’escursionismo – che consentono di valorizzare paesaggi, territori, destinazioni, aree protette e i siti Natura 2000.
Quando promuovi un Meeting annuale che si chiama “All Routes lead to Rome” non puoi non accorgerti che, accanto alla straordinaria rete viaria ereditata dalla gloriosa storia e, accanto alla fitta rete escursionistica, esiste un immenso patrimonio idrico fluviale che ha avuto un ruolo altrettanto strategico e che – con un po’ più di attenzione e sensibilità – potrebbe ancora esercitarlo in futuro.
Nasceva così il “Forum nazionale del turismo fluviale (e delle acque interne)“, per consentire l’incontro e l’ascolto di chi opera nei territori e consente di esperire una nutrita serie di attività outdoor – sportive, ludiche, educative, culturali e di intrattenimento – senza ancora trovare alcun tipo di riconoscimento né – spesso – di incoraggiamento.
Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti – soprattutto dopo aver vissuto l’emergenza pandemica – che il successo delle attività turistiche è intimamente connesso alla qualità del paesaggio e passa attraverso l’acqua: il tema della gestione delle risorse paesaggistiche e idriche dovrebbe dunque rappresentare un elemento fondamentale che incide in misura determinante sulla capacità attrattiva delle aree che si intendono valorizzare.
Popolo di santi e di navigatori
La questione della gestione delle risorse idriche è una questione globale, proprio come il turismo: due fenomeni che non possono essere considerati indipendenti. La tutela del territorio in Italia è totalmente inadeguata: il termine “tutela” – insieme a quello di “conservazione” ma spesso persino a quello di “valorizzazione” – è stato usato diffusamente in senso vincolistico, piuttosto che declinato nel senso di “cura delle risorse territoriali”. Inoltre spesso si dimentica che attraverso la tutela passa la sicurezza del territorio, anch’essa precondizione per contrastare i fenomeni di abbandono e di declino demografico e rilanciare processi di sviluppo.
Da un punto di vista turistico, ci si è largamente concentrati sulle coste, sulle spiagge, sugli stabilimenti balneari, voltando le spalle alle acque interne così come – per molti aspetti, analogamente – ci si è dimenticati delle aree interne. Da un lato si comprende che l’Italia, con oltre 8.000 chilometri di coste, abbia un’innata vocazione marittima che coinvolge l’intera struttura socioeconomica nazionale; ma dall’altro non si comprende come ciò non sia stato sufficiente a produrre e consolidare una cultura dell’acqua sufficiente a garantire tutela e protezione delle risorse idriche. Il turismo balneare. fortemente stagionale, ha vissuto di rendita senza fermarsi un solo istante a riflettere sulla relazione con il mare e sulla sostenibilità dei flussi turistici nelle località marinare. Si pensi all’iniquità nel consumo dell’acqua nelle località turistiche, spesso caratterizzate da privazioni per le comunità locali dell’acceso e uso dell’acqua, come anche allo spreco indotto da un consumo sproporzionato alle necessità, mentre fenomeni di siccità colpiscono l’entroterra e l’indotto delle economie rurali, sempre più fragili.
Tutela attiva del territorio e dei sistemi fluviali
Ritornare a pensare alle acque interne sembra una sfida ancora più complessa: tutti sappiamo quanto sia importante saper garantire lungo il corso dei fiumi opportuni interventi di gestione, di mantenimento e di ripristino degli equilibri ecologici che caratterizzano gli habitat e che sottendono alla loro conservazione: tutti obiettivi che rendono necessario conciliare le attività umane con le qualità ambientali, morfologiche e paesaggistiche dei territori fluviali, in un’ottica di tutela delle biodiversità.
Una prima analisi è stata condotta da Roberto Crosti e Federico Massimo Ceschin, recentemente pubblicata dalla Rivista dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, che ha rilevato il livello di conoscenza dei temi di conservazione della biodiversità e dei servizi ecosistemici presso oltre 1.000 “escursionisti fluviali“, così da offrire possibili traiettorie di indirizzo da inserire nelle pianificazioni sovraordinate e nei Piani di Gestione interventi volti a promuovere attività economiche eco-compatibili, correlate con la gestione sostenibile dell’ambiente naturale e delle sue risorse, a beneficio dello sviluppo economico del territorio fluviale.
Precedenti e preziose sono anche le indicazioni europee, in particolare la Direttiva 2000/60 e le direttive Uccelli ed Habitat, in relazione alle esperienze maturate nella salvaguardia e nella gestione negoziata del paesaggio e dell’ambiente fluviale. La linea strategica individua nel sistema fluviale la componente più adatta a definire e sviluppare sul territorio la conoscenza e le dinamiche del “mondo del fiume”, non solo dal punto di vista ambientale ma anche socioeconomico, favorendo la governance dei processi di sviluppo locale, coinvolgendo gli enti preposti alle attività di riqualificazione fluviale ma soprattutto gli attori direttamente coinvolti, pubblici e privati.
Dall’insieme di queste direttive, norme e ricerche, emergono le ragioni ambientali, paesaggistiche, di sicurezza idraulica, ecologiche, economiche e socio/antropologiche che pongono il corso d’acqua al centro dei futuri processi di pianificazione territoriale: la tutela dei corsi d’acqua è il principio cardine per uno sviluppo sostenibile e consapevole dei territori. Senza questa consapevolezza, il processo di pianificazione e lo sviluppo di un territorio sono privi di una visione: rischiano di divenire preda di una gestione miope, attenta solo a difendere gli interessi privati e particolari a scapito della collettività.
Chiamatela, se volete, “valorizzazione”
Di una cosa soltanto siamo certi: il corso d’acqua, il fosso, l’area umida e la palude, unitamente alla siepe, al bosco, al prato stabile ed al percorso ciclabile, compongono la struttura d’integrazione più congeniale per l’esplorazione e la riscoperta del paesaggio architettonico, culturale e rurale.
La scommessa à far divenire gli amanti del turismo ambientale ed escursionistico protagonisti anche della scoperta e della conoscenza diffusa di canali e corsi d’acqua: è questa la ricetta di “Rotte blu come Vie verdi“, fondamentale per consentire la maturazione di una coscienza collettiva che sostenga la necessità di ricercare un nuovo equilibrio tra uomo e territorio, tale da portare a ripensare i corsi d’acqua nell’ottica di dotarli di più spazio, tutelando la biodiversità e recuperando la naturalità come mezzo primario per ridurre il rischio idraulico, in alternativa ai soliti e costosi interventi di artificializzazione e cementificazione delle sponde. La prima opera di “valorizzazione” è dunque contrastare la crescente e inarrestabile cementificazione e impermeabilizzazione del territorio, che produce il fenomeno di perdita degli invasi idraulici e la conseguente velocizzazione di tutte le acque, che tanto contribuiscono ad aumentare i fattori di rischio idraulico e la vulnerabilità del territorio, in particolare quello di montagna.
Con il progetto Tiberinalia, inoltre SIMTUR in collaborazione con DIT – Discesa Internazionale del Tevere e Gatti della Regina Ciclarum, propone la rinascita del Tevere affinchè – oltre ad inserirsi efficacemente all’interno di meccanismi di tutela e di educazione ambientale – sensibilizzi i viaggiatori, gli operatori economici e gli amministratori locali e i governanti sulla rilevanza del fiume nelle dinamiche di sviluppo territoriale.
SIMTUR si rivolge prevalentemente ai Comuni, che dovrebbero iniziare a lavorare in rete attraverso lo sviluppo di un adeguato sistema per la piena condivisione delle informazioni e per l’attivazione di adeguate forme di valorizzazione dei percorsi escursionistici e delle altre numerosissime attività possibili lungo i fiumi e nelle acque interne. Ogni “mondo del fiume” dovrebbe essere dotato di un sistema informativo aperto e interattivo, che consenta la pubblicazione e l’accesso alle conoscenze in essere e a quelle che verranno acquisite, a tutti i portatori di interesse, sia dal lato dell’offerta ecoturistica che dal lato della domanda.
Confidiamo possa essere questo il centro d’azione dei nuovi “Contratti di fiume” che, pur essendo “strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata”, perseguono “la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali unitamente alla salvaguardia dal rischio idraulico, contribuendo allo sviluppo locale”, al fine di raggiungere gli obiettivi delle Direttive Europee sulle Acque (2000/60/CE) e sulle Alluvioni (2007/60/CE) supportando e promuovendo politiche e iniziative volte a consolidare comunità fluviali resilienti, riparando e mitigando, almeno in parte, le pressioni dovute a decenni di urbanizzazione sregolata.
SIMTUR confida possano essere momenti di attivazione delle comunità locali, mediante l’organizzazione di appositi momenti di confronto pubblico, la pubblicazione e diffusione di strumenti informativi di facile e ampia comunicazione, impegnando ciascuno a sviluppare azioni e programmi finalizzati a promuovere e diffondere la cultura dell’acqua, sia sotto l’aspetto etico che cognitivo, sollecitando una piena partecipazione dei cittadini alle iniziative volte alla valorizzazione, alla tutela e all’utilizzo razionale delle risorse idriche. Tali iniziative dovrebbero essere rivolte in particolare alle giovani generazioni, ricercando e promuovendo la collaborazione delle agenzie educative presenti ed in particolare delle istituzioni scolastiche dell’obbligo.
In tale contesto assume particolare rilevanza la collaborazione di SIMTUR che, in sinergia con le associazioni che operano nei diversi territori, propone forme di collaborazione specifiche per le scuole, al fine di valorizzare il contributo che già danno, con la loro presenza e la loro attività, allo sviluppo della conoscenza, della tutela e della valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale legato alla presenza dell’elemento acqua.
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