Come scegliere un modello MaaS per migliorare la mobilità nelle città

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MaaS - Mobilità come servizio

Il MaaS (Mobility as a Service) è un nuovo modello di erogazione di servizi di trasporto. Come tutti gli “as a service”, prevede un abbonamento mensile a forfait che garantisce l’utilizzo personalizzato di un bundle di trasporti pubblici e privati: treni, bus, taxi, car & bike sharing e altri mezzi utilizzabili illimitatamente con un solo abbonamento (all in one), solitamente attraverso un’app.

Il concetto è abbastanza semplice: un’app con una mappa e una grande varietà di opzioni di trasporto per sostituire l’auto come strumento preferito dai pendolari. Il cloud ci ha ormai abituato a godere della nostra musica preferita, di un nuovo film e di scaricare software “come servizio”, “on demand“, quando ne abbiamo desiderio, ma spostarsi in città è più complicato.

Detto questo, MaaS sta prendendo piede in numerose città d’Europa come alternativa al pendolarismo automobilistico. E potrebbe rivelarsi una valida soluzione per tornare al lavoro nella “fase 2” anche in Italia. Ma quali dovrebbero essere i passi necessari?

Primo passo

La prima priorità è che l’autorità locale determini quale standard di dati desidera che gli operatori utilizzino. Fino a quel momento, è un po’ come se tutti parlassero una lingua diversa. Uno dei nuovi standard aperti si chiama Mobility Data Specification (MDS), nato a Los Angeles per gestire l’aumento delle corse in scooter. Poiché tutti i veicoli condivisi sono collegati, le città sono in grado di monitorare e gestire le soluzioni di trasporto dai dati generati da queste flotte rispetto ai tradizionali sensori di flusso del traffico.

Secondo passo

Il secondo obiettivo è che le città decidano se dotarsi di una piattaforma MaaS oppure lasciare che sia gestita da operatori privati. Questo è uno spazio molto ambito, popolato da centinaia di aziende che gareggiano per offrire al pendolare un viaggio multimodale senza soluzione di continuità.

Alcuni dei player MaaS:

  • Sistemi di mappatura con app come Google e Citymapper che si sono evolute in provider MaaS “di prima generazione”, che suggeriscono soluzioni di viaggio ma non consentono all’utente di prenotare e pagare dal proprio smartphone;
  • Operatori di vettori a chiamata come Grab e Uber stanno rapidamente diventando operatori multi-mobilità, offrendo una serie di servizi sulla loro app, anche se non tutte sviluppate con software proprietari;
  • Startup indipendenti che puntano ad aggregare soluzioni pubbliche e private sulle loro app rivolte ai consumatori;
  • Aziende di software specifici (come Trafi o Kyyti) offrono soluzioni “white label“, ovvero scalabili e personalizzabili dagli operatori del trasporto pubblico locale, che possono inserire i propri dati e il proprio logo per gestire il traffico urbano e le proprie flotte. Una delle più interessanti appare quella sviluppata da Moovit Italia;
  • Grandi operatori delle telecomunicazioni che propongono soluzioni a grandi aziende di TPL per raggiungere un grande numero di cittadini con servizi di marketing e profilazione.

La ricchezza e la varierà di tutte queste opzioni rende MaaS ancora un po’ complesso da comprendere e da implementare, ma attivarsi nel modo giusto significa moltiplicare le opportunità di ridurre l’uso dell’auto e, quindi, accettare la sfida di abbassare i livelli di inquinamento e di congestione da traffico (fattori peraltro incidenti nell’azione di contenimento dei virus).

Per orientarsi nella scelta, gli amministratori locali dovrebbero anche comprendere quale sia il modello di business proposto dalle soluzioni MaaS private. A quale modalità l’app che si andrà a sviluppare dovrebbe dare priorità?
Camminare è senza dubbio la migliore soluzione per viaggi brevi per la città e per i pendolari, ma se il modello di business del proprietario dell’app è prendere una piccola commissione per ogni corsa, allora c’è poca motivazione a spingere l’utente ad avviarsi a piedi.
Le città con aziende speciali di trasporto pubblico potrebbero optare verso combinazioni che prevedano – in questo ordine – mezzi collettivi, mobilità attiva e veicoli condivisi.
La direzione privilegiata dalle migliori prassi va nella direzione di coprire il primo e l’ultimo miglio, collaborando con nuovi partner e offerte che consentano ai cittadini di raggiungere le loro destinazioni da e verso la loro porta di casa.

Terzo (e ultimo) passo

Il passo decisivo è che le città si convenzionino o rilascino autorizzazioni operative all’operatore privato che offra non soltanto veicoli e servizi di trasporto condivisi ma stabiliscono un vero e proprio rapporto di collaborazione con l’Ente locale.

Tutti gli operatori che riescono a fornire dati attraverso un cruscotto centrale, ad esempio, consentono alle città di aumentare o diminuire l’offerta di servizi per soddisfare la domanda ed evitare che scooter o biciclette fluttuanti ingombrino le strade, ma diventano anche un riferimento prezioso per i cittadini e i pendolari, offendo loro suggerimenti e opzioni di trasporto che soddisfano al meglio i loro obiettivi.

E, non da ultimo, i dati che acquisiranno diventeranno estremamente preziosi nel tempo, per definire nuovi piani del traffico, piani urbani della mobilità sostenibile (PUMS), concedere nuove autorizzazioni e farsi trovare preparati per accogliere future nuove soluzioni di mobilità.

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