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Cambiamenti climatici

La riunione dei ministri dell’energia e dell’ambiente dei paesi più ricchi del mondo ha fallito nel trovare un’accordo sulla decarbonizzazione entro il 2025 e sul contenere il cambiamento climatico sotto 1,5 gradi centigradi.

Nonostante due giorni e due notti di trattative, il G20 su ambiente, clima ed energia di Napoli può dirsi concluso con un fallimento. Cina e India hanno infatti rifiutato di sottoscrivere l’impegno collettivo a mantenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5 gradi ed eliminare il carbone come fonte energetica entro il 2025. I due punti esclusi dall’accordo sul clima, raggiunto dai ministri dell’energia e dell’ambiente dei 20 paesi più ricchi del mondo, sono fondamentali per limitare l’aumento delle temperature ed evitare le conseguenze disastrose che comporta il riscaldamento globale.

Il summit di Napoli avrebbe dovuto rilanciare e rafforzare gli obiettivi di climatici dell’Accordo di Parigi del 2015, in vista del vertice delle Nazioni unite sul clima Cop26, che si terrà fra 100 giorni a Glasgow nel Regno Unito. Ma il fallimento del G20 di siglare tutti i punti richiesti ha dato una battuta d’arresto alle speranze di un’azione significativa nel contrasto al cambiamento climatico e nel raggiungere un accordo significativo in Scozia. “Gli impegni presi a Napoli mancano di sostanza e di ambizione”, hanno dichiarato attivisti rappresentanti la rete Avaaz a Reuters, “il G20 ha fallito nel suo intento. Lo slogan dell’Italia era Persone, Pianeta, Prosperità, ma oggi il G20 sta consegnando al mondo Inquinamento, Povertà e Paralisi”.

L’Italia ha infatti ospitato il vertice, nell’ambito della sua presidenza di turno del G20, che è stato coordinato dal ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani. Secondo il ministro i negoziati con Cina, India e Russia sono stati particolarmente difficili, perché approvare i due punti in questione, avrebbe comportato una messa in discussione troppo drastica del loro modello economico fortemente basato sui combustibili fossili. “Alcuni paesi volevano andare più rapidamente di quanto concordato a Parigi e limitare le temperature a 1,5 gradi entro un decennio” ha dichiarato in una conferenza stampa riportata dal Sole24ore “ma altri, con economie più basate sul carbonio, hanno detto di volersi attenere a quanto concordato a Parigi”. Inoltre, secondo quanto detto da Cingolani, il summit non ha preso nessun nuovo impegno finanziario per sostenere la transizione verso le energie rinnovabili dei paesi in via di sviluppo.

La decisione di assumere degli impegni più stringenti e radicali nella lotta al cambiamento climatico passa ora ai capi di stato del G20, che si incontreranno a Roma in ottobre. Tuttavia, le speranze di una svolta ambientalista restano basse, infatti, secondo le analisi svolte dal gruppo Paris Equity Check infatti almeno 4 paesi del G20 hanno ancora politiche energetiche che potrebbero compromettere gli sforzi degli altri stati nella lotta alla riduzione delle temperature. Secondo l’analisi, i modelli di sviluppo energetico di Cina, Brasile, Russia e Australia continuano a dipendere totalmente dai combustibili fossili e, se non mitigati, comporterebbero un sicuro aumento delle temperature sopra ai 2 gradi stabiliti dall’accordo di Parigi, fino a un massimo di 5 gradi se anche altri paesi non ridurranno le loro emissioni.

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