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Maurizio Zanella

In un’intervista di Stefania Leo a Maurizio Zanella – fondatore di Ca’ del Bosco, Franciacorta – si trova non soltanto la ricetta per produrre vini di eccellenza ma anche quella per il futuro del Paese (e del Pianeta).

C’è un vino che reca sull’etichetta la firma dell’autore, Maurizio Zanella, per celebrare con orgoglio la passione dell’uomo che ha fondato Ca’ del Bosco: un grande taglio bordolese con stile internazionale, la cui prima annata risale al 1981, e che è sicuramente tra i vini che hanno contribuito a quello che viene comunemente definito “rinascimento enologico italiano”. Con l’esperienza vissuta di cinquantadue vendemmie, Zanella ha le idee chiare: «Per guardare avanti c’è bisogno di un innesto deciso di ruralità in tutto il Paese».

In uno degli anni più difficili di sempre per le vigne italiane, le risposte da cercare sono proprio lì, tra le zolle di terra. Il patron ha una visione chiara del futuro del vino, che passa interamente da una sola parola: ruralità. Si tratta di un concetto che abbraccia spazi geografici, culturali e sociali un tempo familiari a quel mondo contadino oggi sempre più polverizzato e corrotto dal dilagare dell’urbanizzazione.

Essere sostenibili 

Secondo Zanella il futuro del vino accentuerà una differenza già presente: quella tra il vino commodity e il vino nobile. «Il primo seguirà le regole del largo consumo, del marketing, adattandosi alle esigenze dei consumatori, che bevono in maniera distratta. Non è il mio campo e, visto il calo dei consumi tra i giovani di tutto il mondo, non vorrei mai essere in quel segmento. Poi esiste il vino realizzato al solo scopo di valorizzare un territorio, con dimensioni produttive “ridicole” rispetto a quelle della prima categoria».

«Chi fa un vino nobile ha una grande responsabilità: ridare al territorio quello che ha preso, per essere sostenibili non con un’etichetta, ma con i fatti. Il punto più delicato di questo processo sarà riportare la ruralità nei paesi, altrimenti non potrà esserci futuro per il vino nobile. Se non si riporta orgoglio e dignità nella filiera, tra circa vent’anni non saremo più in grado di dar vita al nostro prodotto. Le campagne abbandonate, in cui manca l’affetto dei locali per creare la vigna più bella, sono il controcanto della non ruralità dei paesi che ci circondano». La soluzione? «Ci vorrebbe un tessuto amministrativo, politico e sociale che avesse una visione tale da andare in parallelo con l’economia del territorio».

Scrivere il futuro sulla terra

Maurizio Zanella sa come si scrive il futuro attraverso la ruralità. Ci lavora dal 1968, anno di fondazione di Ca’ del Bosco. All’epoca gli ettari vitati erano soltanto due. Nel 2023 l’azienda ha raggiunto un importante traguardo: disegnare il suo “volto” quasi definitivo, un tempo solo sognato. Infatti, oggi l’azienda può vantare un patrimonio viticolo unico in termini di biodiversità e caratteristiche dei terreni, formato da oltre duecentottanta ettari distribuiti su undici Comuni dei diciannove della Franciacorta. «È stato un percorso lungo, complesso, difficile, oneroso, anche snervante. Vedi il traguardo ma non puoi raggiungerlo subito». Si può solo continuare a camminare con gli occhi puntati sull’obiettivo.

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