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Turismo: Italia da cartolina

In questa estate 2023, caratterizzata da campagne di comunicazione sui disservizi del turismo, sulla diminuzione di arrivi e presenze con conseguente perdita di competitività della “destinazione Italia” rispetto ad altri Paesi del Mediterraneo, sul sovraffollamento percepito (overtourism) di alcune località. vi proponiamo la rilettura di una riflessione dell’amico Luca Martucci, esperto di marketing delle destinazioni che vive e opera tra Europa e Brasile: scritto prima dell’emergenza da Covid-19, basandosi sui dati e le statistiche del 2018, riteniamo sia interessante da rileggere alla luce dell’attualità, pur se talvolta esprime posizioni divergenti da quelle di SIMTUR, per stima dell’autore e per continuare a stimolare il dibattito.

Siamo (quasi) tutti anti-turisti, per egoismo, elitarismo o ignoranza

Il numero dei turisti nel mondo cresce di anno in anno, e di conseguenza quello degli ”anti-turisti”: così come esistono vari tipi di turisti, anche per il loro opposto è possibile distinguere tra alcune macrocategorie.

1. Gli anti-turisti estremisti e arrabbiati

Al primo posto mettiamo quelli che scrivono sui muri “Tourists go home” («statevene alle case vostre», n.c.) ed iniziano anche ad attaccare i bus turistici: sono per lo più residenti in quella decina di posti al mondo davvero in crisi per il cosidetto overtourism: gli spagnoli al top della classifica, seguiti da veneziani e forse greci.

Il “papà” degli anti-turisti duri e puri può essere considerato Tommaso Marinetti, che più di cento anni fa incitava proprio i Veneziani a bruciare le gondole, accusandoli di voler arricchire la Società dei Grandi Alberghi e di essere divenuto un popolo di camerieri e ciceroni.

La retorica del “popolo di camerieri d’albergo asservito ai forestieri” fu ripresa da una parte del fascismo che si proponeva di combattere lo stereotipo dell’Italia paese di «romantici ruderi e gustosi sorbetti». Approccio che rimase per fortuna schiacciato dall’importanza che il regime riconobbe al Turismo quale potente mezzo di propaganda all’estero e fonte di benefiche entrate valutarie.

Gli anti-turisti estremisti sono spesso mossi da motivazioni politiche od ideologiche, nel fascismo, come nella visione marxista del feticismo e consumismo, o nel caso di tendenze separatiste. Per questo sono facilmente identificabili, a differenza delle categorie che seguono.

2. Gli anti-turisti istituzionali (spesso a loro insaputa)

All’ estremo opposto l’anti-turismo che definiamo “istituzionale”, rappresentato da chi dovrebbe occuparsi della sua prosperità e che. invece, per altri motivi quali burocrazia, eccessiva ingerenza della politica o incompetenza, introduce ostacoli, rallenta i processi o dorme sonni profondi.

Ne parlava già nel 1994 (!) Giancarlo Dall’Ara con questa lista dei fattori che stimolano l’anti-turismo. Purtroppo un quarto di secolo dopo è cambiato poco o nulla e, anzi, si sono aggiunti problemi più recenti come visti e sanzioni. Nel mondo esistono casi eclatanti di anti-turismo istituzionale dovuti a guerre, conflitti razziali o religiosi o chiusura delle frontiere, come un tempo per Cina, Cuba od Unione Sovietica, oggi ancora in paesi come la Corea del Nord.

L’anti-turismo istituzionale è spesso dovuto all’ignoranza della realtà e delle dinamiche di settore, con conseguente omissione dei fondamentali della gestione e del marketing della destinazione: in questo senso. anti-turisti sono il sindaco della città turistica che invita i crocieristi a rimanere sulle navi, come anche l’assessore che pensa di poter “dirottare” turisti che visitano l’Italia per la prima volta dalle mete sognate in tutto il mondo (e quindi più affollate!) verso località o cammini remoti.

Questo anti-turismo porta quindi ad ignorare segmenti di mercato importanti come quello per shopping, per lavoro, studio e per tutta una serie di motivazioni di “nicchia” che invece meriterebbero considerazione.

3. L’anti-turista che vive nel nostro inconscio

In mezzo a questi due estremi c’è la forma di anti-turismo più diffusa e latente, quella che ci riguarda tutti da vicino.

Parafrasando: “È facile fare gli anti-turisti… con i viaggi degli altri”!

Chi potrebbe preferire una località invasa da turisti piuttosto che idealmente tutta per noi e chi viaggia con noi? Anche quando visitiamo un’attrazione super famosa – quindi sempre affollata – vorremmo poter fare una foto senza l’intruso di passaggio. Fare la fila o sgomitare per un pezzo di spiaggia non piace a nessuno. Qui non parliamo delle comprensibili ragioni di chi vive sulla propria pelle il problema del sovraffollamento di turisti, ma di una naturale dose di egoismo.

Quando pensiamo alle nostre vacanze, ci sentiamo tutti Viaggiatori, mentre gli altri sono Turisti… che ci fanno diventare tutti anti-turisti!

Sul mantra della differenza tra viaggiatore (traveller) e turista esiste una copiosa letteratura, con frasi famose e sempre in voga: il viaggio, non la destinazione, l’esperienza, il perdersi per strada, ecc ecc. fino allo slogan che accompagna il Piano Strategico del Turismo: “Italia, Paese per Viaggiatori“.

«Every Englishman abroad, until it is proved to the contrary, likes to consider himself a traveller and not a tourist»
Evelyn Waugh, 1930

In realtà pur comprendendo tutti i più nobili sforzi di addetti ai lavori ed esperti nel voler distinguere tra viaggiatori e turisti, non possiamo non concordare con certe conclusioni sull’ipocrisia dell’essere anti-turisti.

«It is hard to be a snob and a tourist at the same time. A way to combine both roles is to become an anti-tourist”… ”But the anti-tourist deludes only himself. We are all tourists now, and there is no escape»
Paul Fussell ,1980.

L’anti-turismo del pensiero dominante identifica in un non meglio precisato turismo di massa il suo principale nemico. Così il povero Thomas Cook sale sul banco degli imputati per essere considerato colui che nel 1841 inventò il turismo organizzato (tutt’altra cosa rispetto a quello di massa, nato più di un secolo dopo!). Mentre un realtà l’esplosione, e quindi la democratizzazione del Turismo, sono il frutto di tanti fattori che si sono succeduti nel tempo. Combattere la crescita del Turismo a priori è anacronistico, sintomo di snobismo ed elitarismo, quando invece dovremmo essere grati a pionieri e visionari come Cook o – nel caso italiano – dei vari Chiari e Sommariva, Franco Rosso o Isoardi di Alpitour.

I sometimes think that Thomas Cook should be numbered among the secular saints. He took travel from the privileged and gave it to the people”
Robert Runcie, Arcivescovo di Canterbury

Per fortuna ci sono anche i pan-turistici!

Usiamo la definizione citata in un interessante Rapporto sull’antiturismo a Rimini del 2001, in cui gli ospiti riminesi furono suddivisi in 6 gruppi omogenei: Nostalgici, Iperelitari, Intolleranti, Assediati, Indifferenti e Pan-turistici.

Nel 2001 non esisteva il termine overtourism e – probabilmente – un sondaggio del genere fatto oggi in una città come Venezia farebbe esplodere la percentuale sia degli assediati che degli intolleranti (definiti nel rapporto come quelli con livello culturale più basso e che non viaggiano). Mentre la maggioranza dei Pan-turistici si individua ovviamente tra quelli che lavorano nel e per il turismo: quelli che sanno bene – al di là degli interessi contingenti – che i turisti portano benessere, occupazione e sviluppo per tutta la vasta filiera e per il suo indotto. Ecco perché, a prescindere da quale sia la motivazione politica, vediamo con favore chi scende in piazza come qualche giorno fa a Palma di Maiorca per ricordare quanto il turismo sia importante…

Ben vengano tutte le misure più idonee ad un efficace gestione dell’overtourism, che, ribadiamo, è un fenomeno ristretto a poche località, ma evitiamo che certe crociate anti-turismo trovino terreno fertile in modismo o vaneggi idealistici: non si può tornare indietro e ignorare l’importanza del Turismo non solo dal punto di vista economico, ma anche come veicolo per lo sviluppo delle relazioni tra culture e popoli diversi.

Insomma per rispondere a quel pazzo furioso di Marinetti… “evviva le gondole!“, anche quando dondolano turisti asiatici, appesantiti da vino o cibo, o con gli occhi incollati al cellulare.


Tratto da un contributo di Luca Martucci, pubblicato (nel 2018) su Medium

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