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Overtourism

Secondo un report di Responsible Travel oggi sono 98 le destinazioni (in 63 Paesi) che hanno problemi di gestione del turismo e tre sono in Italia. Ma come si fa a gestire bene il turismo? Il caso modello in Italia è la provincia di Bolzano che ha sviluppato un piano fondato su decisioni coraggiose.

Tutto iniziò nel 2016, quando un giornalista del magazine Skift utilizzò per la prima volta la parola overtourism, che nel 2018 entrò poi nel dizionario Collins. Non che prima non si fosse mai manifestato il problema di un turismo mal gestito, ma non era stato definito così, con una sola parola.

Perché è sbagliato parlare di overtourism

Oggi, a distanza di sette anni, ma soprattutto dopo il passaggio della pandemia, è necessario ripensare a questo termine. O almeno così suggerisce in un articolo accademico il docente di turismo presso la Glasgow Caledonian University, Michael J. O’ Regan. «È il caso di continuare a utilizzare un’espressione che si basa su metafore?» si chiede. Negli anni la diffusione della definizione overtourism ha spinto la narrazione verso l’utilizzo di parole che hanno a che fare con la sfera delle crisi, delle guerre e delle emergenze, con l’effetto conseguente di creare una narrazione che schiera da un lato i turisti e dall’altro gli abitanti delle destinazioni turistiche.

Insomma questa espressione e anche una certa narrazione giornalistica si sono concentrate soprattutto sui comportamenti dei turisti, cercando di proporre soluzioni per contenere il loro numero, e dando poca attenzione invece alle questioni legate al potere e alla politica. Cosa vuole dire? Che si è più sentito parlare di richieste ai turisti come quelle di pianificare meglio i viaggi, di essere responsabili e di evitare certe destinazioni, che non di soluzioni come tasse sulle emissioni di anidride carbonica, regolamentazioni, alloggi a prezzi accessibili e così via.

Cinque Terre e Alto Adige, due scelte diverse

Il tema è particolarmente attuale in Italia. Secondo un report di Responsible Travel a oggi sono 98 le destinazioni (in 63 Paesi) che hanno problemi di gestione del turismo e tre sono in Italia: Venezia, Firenze e Roma. I turisti dopo il Covid sono tornati in grande numero. E con loro il dibattito su come gestirli.

Riguardo a un ipotetico «numero chiuso», riguardo alle Cinque Terre, una delle mete calde della costa ligure, si è espresso l’assessore al turismo della Regione Liguria, Augusto Sartori, che si è detto contrario: «Il problema esiste, ma non bisogna drammatizzare e come ho già detto melius abundare quam deficere, per noi è più importante garantire la possibilità ai turisti di un accesso anche nelle parti più aggredite come le Cinque Terre. Bisogna ragionare senza farsi prendere dal panico, i numeri sono superiori a quelli del 2019, ma lo erano stati già lo scorso anno, nel 2022. Non vogliamo imporre niente, siamo aperti alle proposte delle amministrazioni».

Il turismo di qualità è una scelta coraggiosa

Ma come si crea turismo di qualità? Qualcuno suggerisce una variazione dei prezzi a seconda dei giorni della settimana o dei mesi. «Bisogna migliorare la qualità di alcuni servizi e variare la richiesta economica perché quello può fare da deterrente. La destagionalizzazione del turismo è un’altra misura da seguire. La nostra politica di promozione cerca in tutti i modi di far sì che la gente venga anche in altri periodi. Il problema non è lo stress nel giorno di Pasqua, ma quello ripetuto dei mesi estivi» ci dice l’assessore della Regione Liguria, senza però citare misure concrete che verranno attuate o sperimentate.

Il tetto ai posti letto è invece solo una delle soluzioni individuate dalla provincia di Bolzano e che fa parte del Piano provinciale per lo sviluppo del turismo 2030+, che si ispira ad alcuni valori: il senso d’identità, l’impegno nei confronti della natura, il coraggio d’innovare e la responsabilità nei confronti della comunità. Il motto è «TourisMut», cioè coraggio turistico, un appello alla politica, al settore turistico e alla popolazione perché assumano decisioni coraggiose. Per esempio sono in via di elaborazione nuovi criteri per la classificazione degli esercizi ed è stata creata la stella verde, per quegli hotel che hanno intrapreso la strada verso la sostenibilità e che utilizzano prodotti del territorio.

Venezia, prima città d’Italia a regolamentare affitti breve e con sistema di prenotazione

Sotto il riflettore poi c’è Venezia, che sta discutendo in Consiglio Comunale alcune decisioni e ci si chiede se avrà lo stesso coraggio per andare fino in fondo, come ha fatto Bolzano, con il rischio di scontentare qualcuno, scegliendo però il benessere collettivo. Intanto si va avanti su due fronti, ci dice l’assessore al turismo del Comune di Venezia, Simone Venturini: «Da un lato vogliamo fare un provvedimento che preveda che in alcune giornate sia attivo un sistema di prenotazione e di richiesta di un contributo d’accesso. La cosa più importante è ovviamente conoscere i numeri delle prenotazioni, per prevedere gli arrivi. Siamo i primi al mondo a mettere in piedi un sistema del genere, il dibattito è ancora aperto, sperando che l’idea possa essere approvata al più presto».

La seconda riflessione che sta facendo Venezia riguarda gli affitti brevi, «Grazie a un emendamento di legge nazionale siamo al lavoro per stendere un regolamento per questo universo che regole non ha. In particolare riguarderà gli alloggi che vengono affittati per più di 120 giorni all’anno» dice Venturini che sottolinea anche la necessità delle città d’arte e turistiche di regolamenti speciali per gestire il turismo.

Le soluzioni possibili (visita la sezione dedicata di questo sito)

Prenotazione, tetto ai posti letto, regolamentazione degli alloggi brevi, valorizzazione delle attività che lavorano su e con il territorio. Queste sono le soluzioni messe in campo o che lo saranno in futuro e che convincono di più. Ce ne vengono in mente altre, come il potenziamento dei trasporti pubblici per incentivare il loro utilizzo e scoraggiare quello delle auto private, norme che garantiscano standard lavorativi e salari minimi adeguati, tasse sulle emissioni di CO2. Meno convincenti, invece, sono tariffe differenziate a seconda dei giorni o dei periodi per incentivare i turisti a viaggiare in altri periodi dell’anno o puntare su un turismo alto spendente, perché questo non è sinonimo di qualità, lo sono i soggiorni lunghi invece. Anche perché, queste sono soluzioni che tutelerebbero più il turista che non la comunità.

È necessario un cambio, sì, ma non solo nel modo di viaggiare, quella sarà una naturale conseguenza, ma prima ancora necessario un cambio di prospettiva. Le amministrazioni devono avere come primo obiettivo la tutela della propria popolazione, oltre che dell’ambiente, e noi viaggiatori anche. Perché città e territori senza persone sono destinati a morire.


[da un contributo di Carolina Saporiti per Vanity Fair]

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