La Danimarca ha deciso: passerà al 100% di agricoltura biologica
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23 Maggio 2020
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La Danimarca, 5 milioni e mezzo di anime, non contenta dei suoi record di energia rinnovabili si è posta un nuovo obiettivo: tutto quello che sarà prodotto sul proprio suolo dovrà essere biologico e improntato alla sostenibilità. Se ci riescono saranno i primi in tutto il mondo a realizzare un’agricoltura interamente “organica”.
Come riusciranno nell’impresa?
Va detto che la Danimarca è già da tempo innamorata della sua agricoltura pesticidi-free: sono almeno 25 anni che si sperimentano metodi e modelli per estendere l’agricoltura biologica. E’ una delle nazioni “storiche” in questo senso: nel decennio dal 2010 ad oggi la produzione di cibo organico è aumentata del 200%.
Ora, seguendo le linee guida dell’Økologiplan Danmark – il “piano di azione organica” del paese che delinea in 67 punti il futuro dell’agricoltura, con una dotazione finanziaria di oltre 60 milioni di dollari – il governo ha deciso di investire per incentivare la trasformazione dei campi coltivati con metodi convenzionali in produzioni sostenibili, avviando nel contempo una forte azione di sensibilizzazione e promozione per aumentare la vendita di prodotti organici.
Il Piano prevede anche programmi nelle scuole, per educare i bimbi e per spiegare i benefici dell’agricoltura biologica ai più giovani. Tutti i terreni di proprietà demaniale saranno coltivati in modo naturale e seguendo metodi biodinamici e i privati che vorranno seguire l’esempio riceveranno sussidi e potranno contare su una legislazione più snella per seguire la transizione.
L’azione non riguarderà solo zucchine e fragole ma anche l’allevamento: attraverso il coinvolgimento di varie agenzie, coordinate dal ministero del cibo, agricoltura e pesca che lavorerà di concerto con comuni, regioni e privati per una nuova visione globale della produzione meno intensiva e meno aggressiva nei confronti degli animali.
Alcuni degli indicatori target
Le mense scolastiche saranno chiamate a fornire il 60% dei prodotti da coltivazioni organiche agli studenti, ovvero 800mila pasti ogni giorno (tutte le mense di Copenhagen sono già organiche). Analoghi obiettivi saranno proposti alle mense militari, civili e di tutti gli uffici pubblici.
Oggi il 14% degli acquisti danesi di alimenti riguarda prodotti biologici. L’agenzia Epinion ha condotto una nuova indagine per conto di Økologisk Landsforening – l’associazione degli agricoltori, delle aziende del biologico e dei consumatori – indicando che tale percentuale è destinata ad aumentare notevolmente, con il 74% degli intervistati che prevede l’acquisto di più alimenti organici in futuro.
Pertanto l’associazione non teme di prefissarsi un obiettivo decennale ambizioso. “Se si considera la crescita e il successo di questo settore, possiamo mirare in alto. Riteniamo che la superficie agricola biologica nel 2030 arriverà al 30% e, per allora – precisa il presidente Per Kølster – il 30% degli acquisti riguarderanno prodotti biologici”.
E in Italia?
In Italia, le mense biologiche sono state istituite soltanto nel 2017 su iniziativa del ministero delle politiche agricole, di concerto con i ministeri dell’istruzione e della salute. Per ricevere la certificazione biologica, le mense devono servire delle quantità ben definite di prodotti bio. Almeno il 70% di frutta e verdura, legumi, olio extravergine, pane, pasta e riso, cereali e farine devono essere di origine biologica, così come il 100% delle uova, degli yogurt e dei succhi di frutta. Per il resto dei prodotti lattiero – caseari, carne e pesce da acquacoltura, di più difficile approvvigionamento, la percentuale richiesta si ferma al 30%.
Nel 2018, con Decreto Ministeriale n. 11703, il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha stanziato 10 milioni di euro per sostenere le mense scolastiche biologiche, per essere utilizzato dalle Regioni e dai Comuni al fine di ridurre i costi per le famiglie beneficiarie delle mense bio e, in parte, anche per iniziative di informazione ed educazione nelle scuole.
I fondi stanziati sono stati spartiti tra le Regioni sulla base del numero di pasti serviti dalle mense biologiche, pertanto circa metà dei fondi sono andati all’Emilia Romagna dove si consumano la metà dei pasti bio dell’intero Bel Paese (seguono la Toscana e la Lombardia con oltre un milione di pasti ciascuna).
Expo dopo Expo…
Non è passato molto tempo dall’Expo dedicato al cibo nel 2015, che ha avuto sede nel Bel Paese. Ma cosa è rimasto? Quali impegni ci sono per il futuro in questo senso? Ci sono obiettivi per un’agricoltura più salutare? E per incentivare l’organico prodotto e consumato in Italia?
Non è dato sapere. Intanto andiamo all’Expo Dubai 2020 – dal tema “Connettere le menti per creare futuro” – con un padiglione dell’Italia che promette di essere un grande hub esperienziale di innovazione delle più avanzate forme di sostenibilità: uno spazio animato ogni giorno da studenti, docenti, imprenditori, manager, professionisti, artisti che parleranno della conversione ecologica in corso.
Il padiglione, intitolato alla “Bellezza che unisce le persone” vorrebbe porsi come modello di economia circolare: un prototipo all’avanguardia in termini di progettazione integrata e utilizzo di materiali riciclati, durevoli, naturali così come di tecnologie per il massimo contenimento dei consumi energetici e idrici con sistemi di risparmio, raccolta e riciclo delle acque, di smaltimento dei rifiuti e di riduzione dell’inquinamento acustico e luminoso.
Il costo dell’operazione forse non è paragonabile ai 60 milioni di dollari investiti dalla Danimarca per la sua ennesima svolta biologica. Ma partendo dalle dotazioni finanziarie esistenti non sarebbe impensabile immaginare un “piano d’azione nazionale per il biologico“…
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