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PNRR

Una delle priorità trasversali del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) riguarda la riduzione dei divari territoriali che caratterizzano il nostro Paese. Non solo tra nord e sud ma anche tra i centri maggiori e le zone periferiche. Ciò dovrà avvenire attraverso investimenti in diversi settori, dalle infrastrutture alla mobilità sostenibile, dagli interventi per sanità e sociale a quelli per la digitalizzazione.

In questo contesto gli enti territoriali saranno chiamati a ricoprire un ruolo di primo piano. A regioni, province, città metropolitane, comuni e altri soggetti territoriali infatti sarà affidata la gestione diretta di una parte cospicua delle risorse europee assegnate all’Italia. La recente pubblicazione di un decreto del ministero dell’interno che assegna risorse ai comuni per la realizzazione di interventi di rigenerazione urbana ha tuttavia riproposto alcune criticità legate all’impatto che il Pnrr avrà sui territori. In particolare nell’equilibrio nella spesa tra le diverse aree del paese. Se da un lato è importante che le risorse arrivino a quei territori che ne hanno più bisogno, dall’altro vi è il rischio che vengano scartate proposte in linea con gli standard richiesti a favore di altre dalla qualità inferiore. Questa dinamica però può portare a difficoltà in fase di realizzazione.

Il coinvolgimento degli enti territoriali nella realizzazione dei progetti

Grazie a un documento pubblicato recentemente sul portale Italia domani, è possibile capire meglio come si svilupperà il ruolo degli enti territoriali per quanto riguarda la realizzazione degli investimenti previsti dal Pnrr. In particolare le amministrazioni territoriali potranno essere coinvolte attraverso 3 diverse modalità.

Regioni, province, comuni e altri enti territoriali possono in primo luogo essere nominati come soggetti attuatori. Si tratta del massimo livello di coinvolgimento previsto. In questo caso infatti gli enti coinvolti assumono la responsabilità diretta della realizzazione di specifici progetti in materie di loro competenza (come asili nido, progetti di rigenerazione urbana, edilizia scolastica, sociale). In questo caso, le amministrazioni:

  • accedono ai finanziamenti partecipando a bandi o avvisi per la selezione di progetti emanati dai ministeri competenti, ovvero ai provvedimenti di riparto fondi ove previsto;
  • ricevono (in genere direttamente dal ministero dell’economia e delle finanze) le risorse occorrenti per realizzare i progetti;
  • devono rispettare gli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo e concorrere al conseguimento di traguardi e obiettivi associati al progetto;
  • sono tenuti a realizzare i progetti rispettando le norme vigenti e le regole specifiche del Pnrr (non arrecare danno significativo all’ambiente, spese entro il giugno del 2026);
  • devono prevenire e correggere eventuali irregolarità e restituire le risorse indebitamente utilizzate.

In secondo luogo, i soggetti territoriali potranno beneficiare di iniziative portate avanti dalle amministrazioni centrali ma che possono avere ricadute anche a livello locale. È il caso, ad esempio, del passaggio al sistema di cloud dedicato alla pubblica amministrazione. Il coinvolgimento in questo caso avviene mediante la partecipazione a specifiche procedure di chiamata (bandi o avvisi) attivate dai ministeri responsabili.

Un’ultima modalità di partecipazione degli enti territoriali prevede il loro contributo nell’individuazione dell’area più idonea per la realizzazione di interventi di competenza di amministrazioni di livello superiore (mobilità, ferrovie/porti, sistemi irrigui, banda larga, ecc.). In questi casi la definizione degli investimenti e delle opere da realizzare dovrebbe tenere conto delle istanze delle comunità locali, attraverso la convocazione di specifici tavoli di concertazione.

La “territorializzazione” degli investimenti

Sempre dal documento pubblicato dal governo è possibile conoscere la stima delle risorse del Pnrr che saranno affidate alla diretta gestione degli enti territoriali. Parliamo di oltre 66 miliardi di euro. Ma come si distribuiranno questi fondi tra le varie voci del piano? La maggior parte di queste risorse (circa 20 miliardi di euro) saranno destinate alla missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”. In questo contesto gli enti territoriali saranno coinvolti nella realizzazione di interventi legati, tra le altre cose, alla messa in sicurezza dei territori, alla mobilità sostenibile e all’efficientamento energetico degli edifici.

Un’altra voce molto rilevante è la missione 5 “Inclusione e coesione”. In questo caso le risorse assegnate agli enti territoriali serviranno per la realizzazione di progetti legati alla rigenerazione urbana e all’edilizia sociale.

Altri 15 miliardi di euro saranno poi investiti per il potenziamento delle strutture sanitarie (missione 6). In questo caso però le risorse saranno affidate direttamente alle aziende sanitarie e ospedaliere. Nella relazione citata tuttavia non è indicato il dettaglio dei progetti che vedono il coinvolgimento di enti territoriali per questa missione.

Suddividendo le risorse in base ai soggetti beneficiari, possiamo osservare che la maggior parte di queste saranno affidate a comuni e città metropolitane (28,3 miliardi di euro). Un cifra vicina agli 11 miliardi di euro invece potrà essere distribuita per progetti di competenza alternativamente di regioni, province o comuni. Un cifra simile invece ricadrà nella gestione esclusiva degli enti regionali.

Infine circa 1,3 miliardi saranno distribuiti ad altri enti territoriali. Tra questi le autorità di bacino e portuali, gli enti di governo dell’ambito territoriale ottimale (Egato). In alcuni casi potranno essere coinvolti anche soggetti privati tramite progetti di cofinanziamento.

Il quadro degli interventi

Come noto gli investimenti da realizzare nell’ambito del Pnrr dovranno necessariamente essere completati entro il 2026. Se ciò non accadesse infatti l’Italia rischierebbe di andare incontro a delle sanzioni che potrebbero arrivare anche al blocco dei fondi da parte delle istituzioni comunitarie.

Per quanto riguarda gli interventi del piano che vedranno un coinvolgimento a vario titolo da parte degli enti territoriali, possiamo osservare stati di avanzamento diversi. In alcuni casi infatti le risorse sono già state assegnate, in altri è stato pubblicato l’avviso per la presentazione di proposte. Altre misure invece sono più indietro nell’iter.

Da ricordare comunque che anche l’assegnazione delle risorse non significa necessariamente che i cantieri siano già operativi. Spesso infatti la amministrazioni locali dovranno a loro volta pubblicare dei bandi per individuare le ditte che si occuperanno della realizzazione pratica degli interventi.

Aiutare i territori più in difficoltà e premiare il merito sono in contraddizione?

La distribuzione degli investimenti del Pnrr sui territori necessita di far coesistere 2 principi che possono entrare in contraddizione tra loro. Quello di sostenere le aree più in difficoltà da un lato e quello di premiare i progetti più meritevoli dall’altro. In molte occasioni gli amministratori del Mezzogiorno hanno lamentato la carenza di personale e la mancanza di competenze adeguate per la realizzazione di procedure spesso molto complesse. Di conseguenza molti territori potrebbero rinunciare all’invio di proposte o comunque presentarne di non adeguate rispetto agli standard richiesti. Alcuni territori quindi potrebbero rimanere tagliati fuori dagli investimenti.

Ciò potrebbe avere 2 conseguenze. In primo luogo ci sarebbe il rischio di non rispettare la regola della riserva del 40% delle risorse per il Mezzogiorno. Cosa che è già accaduta ad esempio per l’assegnazione delle risorse per interventi sul sistema irriguo. Come corollario, la distribuzione dei fondi in questo caso andrebbe a premiare quelle realtà che già oggi sono più efficienti. E quindi il Pnrr rischierebbe di acuire ulteriormente i divari territoriali anziché ridurli. Per ovviare a questa difficoltà il governo ha previsto l’assunzione di mille esperti a supporto degli enti territoriali. Ma non è detto che ciò possa bastare.

Questa situazione presenta però anche un rovescio della medaglia. Qualora la scelta fosse quella di cercare di far arrivare la più ampia quota di risorse possibile nelle aree più critiche del paese si rischierebbe di penalizzare forse in maniera eccessiva gli altri territori. Inoltre la scelta di privilegiare proposte di qualità inferiore potrebbe comportare problemi in fase di realizzazione. Con le amministrazioni proponenti che potrebbero rivelarsi non in grado di portare a conclusione i progetti entro i tempi previsti. In questo caso il governo sarebbe costretto a esercitare i propri poteri sostitutivi.

[ Tratto da un’analisi condotta da OpenPolis ]

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